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La strage dei cattolici è un crimine politico

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di BENEDETTO DELLA VEDOVA e CARMELO PALMA – I Paesi più cattolici del mondo non hanno “radici cristiane”. Il Brasile, il Messico e le Filippine (in cui vivono più di un quarto dei cattolici del pianeta) sono “colonie cattoliche” recenti – cinque secoli, non due millenni – e testimoniano quanto l’Africa e l’Asia, in cui la fede cattolica si diffonde insieme alle rivendicazioni di libertà civile e religiosa, che la Chiesa di Roma è sempre meno “romana”, sempre meno legata alla memoria del popolo, ma, al contrario, sempre più viva e intraprendente dove il battesimo e la comunione sono uno scandalo e una contraddizione, piuttosto che un rito di passaggio della religione tradizionale.

Il futuro della Chiesa di Roma è, non solo dal punto di vista demografico, in Africa e in Asia. Il presente, nelle Americhe, dove oggi vive un cattolico su due, e il cattolicesimo ha attraversato, contaminandosi, le forme di una religiosità tradizionale lontana dai canoni monoteisti e ispirato, con la potenza del suo messaggio, insieme religioso e umanistico, lo sviluppo culturale e civile del Nuovo Mondo.

La notizia dell’efferato eccidio di fedeli e religiosi perpetrato nella Chiesa siro-cattolica di Saiydat al Nayat (Nostra Signora del perpetuo soccorso) di Bagdad dimostra che la comunità cattolica è non solo il bersaglio dell’intolleranza islamista, ma – nel medio-oriente, come in Africa, in Cina come nel sud-est asiatico – il testimone di un’ideale di pace e convivenza troppo libero e “moderno” per accettare la subordinazione alla violenza e la ghettizzazione civile.

I quarantasei morti di Badgad – tra cui dieci donne e otto bambini ­– non sono solo martiri della fede, ma della libertà civile, non solo vittime della violenza religiosa ma dell’intolleranza politica. Dove la fede in Cristo e la fedeltà alla Chiesa di Roma è un impegno e un esempio personale “rischioso”– e non una pratica conformistica – chiunque difenda la libertà deve schierarsi accanto alle comunità cattoliche e riconoscersi in esse. In nome, per chi crede, nella fede in Cristo, ma, per chiunque, credente o non credente, in quella cultura universalista della libertà e dei diritti che costituisce la radice più profonda e viva dell’identità occidentale.

A questa guerra asimmetrica contro la cristianità e l’occidente da parte di al-Qaeda non possiamo certo rispondere con atteggiamenti ritorsivi nei confronti delle comunità islamiche in occidente. Ma la difesa delle comunità cristiane nel mondo deve divenire un impegno prioritario della diplomazia e della politica internazionale delle democrazie.


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